IL RITORNO DELLA PRIMAVERA,
di Francesco Frascarelli

Fin dai primordi della civiltà l'uomo celebrava il ritorno della primavera, slancio cosmico verso la luce prolungata dei giorni, il vigore delle forze benefiche, la fecondità della natura, il nutrimento della terra, la risurrezione dello spirito, la rigenerazione dei sensi. Durante l'età preromana i popoli rendevano omaggio alla nuova stagione attraverso espressioni che, pur nell'univoco significato, mutavano per aspetto esteriore anche all'interno di una stessa area geografica. Nelle zone abitate dai celti la rinascita della vita veniva solennizzata con culti floreali e arborei, fatto da cui trae attendibilità l'ipotesi che vorrebbe come celtica l'usanza di issare un albero al centro della piazza o in altro luogo significativo: l'albero del maggio simbolicamente carico di un valore fallico. Il termine Calendimaggio comunque riconduce ad una scadenza temporale (le Kalende di maggio) correlata alla dominazione romana che assorbì anche i connotati culturali dei popoli assoggettati. Riti e feste consacrate alla primavera venivano dedicate a divinità dispensatrici di protezione e di beni. Risulta particolarmente decantata la manifestazione dei Floralia che si svolgeva, appunto in onore della dea Flora, tra la fine di aprile e i primi di maggio: un'orgia di combattimenti simulati, corse e rincorse di animali domestici, buffe rappresentazioni, bizzarrìe e spogliarelli di cortigiane e prostitute. L'affermazione del cristianesimo non intaccò la tradizione di celebrare il ritorno della primavera, anche se la Chiesa tentò e parzialmente riuscì a temperare l'impronta pagana di riti e feste: riti e feste di cui il Medioevo assimilò la sostanza e l'essenza, anche talvolta con un'ansia purificatrice. Nelle assemblee annuali dei Campi di Maggio i cavalieri, riuniti nel cuore dell'Europa, con relativo seguito di accompagnatori esperti nell'uso delle armi, bramavano scontri e tornei, in cerca di denaro e di compiacenze carnali. Diversamente i trovatori conducevano la loro "battaglia" in nome dell'amore cortese. Anche in questa età la festa mantenne un carattere diversificato, si che sarebbe arduo ricostruire un prototipo. In qualche parte i giovani piantavano l'albero del maggio addobbato con nastri multicolori e arricchito di alimenti e cibarie; in altra parte offrivano rami alle ragazze come segno beneaugurante; in altra parte formavano brigate gaudenti che riversavano per le vie canti disinvolti o appassionati. Talvolta la fanciulla ritenuta più bella e virtuosa veniva eletta "regina" e, adornata di fiori, portata in trionfo: a lei toccava il compito di presiedere conviti e allegri cortei. Anche i giovani di quella remota Assisi vissero il loro Calendimaggio fatto di serenate e veglie chiassose. Narrano alcuni che Francesco di Bernardone si distinguesse come animatore di comitive, simpatico istrione e interprete di melodie. Lo scontro violento e inarrestabile tra le fazioni cittadine, in particolare tra parte de Sopra e parte de Sotto rispettivamente egemonizzate dai Nepis e dai Fiumi, finì col sacrificare anche la festa. Il fiore profumato lentamente appassì mentre crescevano lutti, sofferenze e rovine. Si racconta che nel 1615 "onorati cittadini" irrompessero a cavallo nel chiostro del monastero di S. Apollinare, al fine di eleggere il loro re, episodio che manifesta il degrado raggiunto. La tradizione riuscì a sopravvivere, per un verso in termini raffinati e un po' leziosi, grazie agli Accademici del Monte; per altro verso in termini contadineschi e agresti in virtù dei maggiaioli o "cantamaggio" che percorrevano il contado questuando, in cambio di esecuzioni popolaresche sacre e profane. Fino a quando, nel 1927, non si costituì la Brigata del Calendimaggio che, per espressa intenzione dell'Accademia Properziana del Subasio, avrebbe dovuto recuperare il retaggio della festa medievale. E così avvenne. Musici e canterini, appartenenti ai cori delle basiliche e delle chiese, sostavano durante la notte tra il 30 aprile e il 1 maggio, nei punti più suggestivi della città ammaliando l'uditorio con motivi orecchiabili accompagnati da mandolini, chitarre e liuti. Il secondo conflitto mondiale, con il suo strascico di contrapposizioni anche civili, spense inesorabilmente la festa che riprese il suo difficile cammino solo dopo la fine degli eventi bellici. Il Calendimaggio raccoglieva ancora consensi ed apprezzamento ma si ricercava una identità più consona alla temperie di usi e tendenze. Nel settembre del 1952 la Brigata di Calendimaggio affidò ad un triunvirato il mandato di predisporre la soluzione adeguata, soluzione che fu ricercata, trovata ed applicata per la prima volta nel 1954, allorquando parte de Sopra e parte de Sotto - le due antiche fazioni recuperate dalla polvere di un passato cruento - dettero vita, in costume medievale, ad una contesa basata sul canto e sulla scenografia, culminata col verdetto dei giudici preposti al settore musicale e dei giudici preposti al settore regia-costumi- addobbi. La lotta, ripristinata sotto forma di gentile tenzone, riscosse partecipazione, successo, entusiasmo. A partire dal '54 la Festa, pur mantenendo invariato lo schema concepito, si è arricchita di nuovi innesti, motivi, elementi e ha perfezionato simbologie ed invenzioni, ampliando il suo arco cronologico da due a tre giorni: una fase breve e intensa che rappresenta il nucleo apicale preceduto da iniziative e spettacoli di carattere propiziatorio e preparatorio, secondo un programma gestito e realizzato da gruppi artistici e folcloristici germinati con il tempo dal seno della festa. Chi ha tentato di ripercorrere con vari strumenti (mostre retrospettive o pagine scritte) il nuovo Calendimaggio, ne conosce le coordinate essenziali: la virtuale-ideativa, la strutturale-creativa, la tecnico-organizzativa, la tecnico-istituzionale: ecco l'asse d'equilibrio (composito nella sua unicità) intorno al quale si dipana la festa, ovvero quello scrigno dove convivono canto musica danza teatro gioco immagini e meraviglie, creazione dei partaioli e delle genti di Assisi, raggio fulgente della dimensione umana.

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